Uno spiraglio, uno stralcio di un’Italia ferita e stanca dalla guerra. Questo film è una abile testimonianza più che della posizione dell’Italia in guerra, della posizione degli italiani. La loro forza ormai giunta all’estremo, la confusione, la sprovvedutezza e quel tocco di ironia che hanno sempre contraddistinto la nostra umanità.
La storia racconta del ritorno a casa di alcuni soldati appresa la notizia dell’armistizio con l’America che ha improvvisamente reso i potenti camerati tedeschi dei feroci nemici, sciacalli già giunti nel territorio da depredare. In particolare si segue la storia del sottotenente Innocenzi (uno straordinario Alberto Sordi) che vedrà sotto i suoi occhi uccisioni di suoi soldati, amici, e sarà testimone di rivolte popolari a cui si troverà inevitabilmente coinvolto. In tutto questo però non perderà mai la gioia del suo ritorno, di rivedere il padre e di ritrovare nella sua città, Roma, quei gusti tradizionali e semplici, forse anche periferici, tipicamente italiani. Di una Italia povera però, di un’Italia affamata e minacciata dallo squadrismo fascista, di una popolazione impaurita, scaltra e che a tratti desta una innocente tenerezza con i suoi umili interventi.
Questo, infatti, è proprio quello che trasmette quel giovane volto di Alberto Sordi, un colosso nella storia del cinema, una colonna portante della comicità e drammaticità: icona spontanea degli abitanti del Bel Paese. E insieme a lui, il cinema ha perso un altro dei più significativi “narratori su pellicola” dei nostri tempi: proprio pochi giorni fa, infatti, Luigi Comencini – regista del film – si è spento, lasciando la terra e la storia che per anni ha raccontato nei suoi capolavori. Tutti a casa è uno di questi.