Giorgio Tirabassi torna in scena con “Coatto unico senza intervallo”al Teatro Vittoria di Roma. Fino al 16 Dicembre l’attore romano vestirà i panni di personaggi comici e drammatici, in un monologo recitato, cantato e suonato, divertente e commovente.
C’è insolenza e presunzione nelle parole incolte dell’evasore fiscale, che sfotte lo Stato come anello più debole del paese: un’invettiva amaramente ironica che è denuncia e condanna, e che finisce per diventare quasi un consiglio paterno sulla gestione di tasse, pensioni e burocrazia. Ma c’è anche la sfortuna e la delinquenza spicciola di un rapinatore di uffici postali che vive di espedienti e ha troppi amici pronti a dargli dritte su come fare soldi.
È un Tirabassi per nulla televisivo, che porta sul palco storie di strada e di aspirazioni, voci segretamente malinconiche di una romanità di periferia che corre lungo i vicoli dei quartieri, quelli problematici in cui nessuno si trasferirebbe mai; quelli che alla fine “va be’, m’aspettavo peggio”. Lo fa cantando, suonando chitarra e fisarmonica, mescolando blues e stornelli romani con una maestria encomiabile. È un ottimo musicista, l’attore, ed un eccellente paroliere: la sua è una prosa poetizzata da versi in rima, cantati ma anche sussurrati, sofferti e partecipati.
Scritto con Daniele Costantini, Stefano Santarelli, Loredana Scaramella e Mattia Torre, Coatto Unico è uno spettacolo dai sapori classici: due musicisti e un contrabbasso elettrico sono la scena; sfondo nero e luci semplici, perché il messaggio è l’insieme. Un romanesco di tradizione, che è cultura e ignoranza al contempo, che parla di temi importanti di attualità con la voce di una generazione legata alle canzoni popolari di una volta.
Un monologo, dunque, lodevole, che per linguaggio e modo di espressione è forse un po’ distante dai giovani d’oggi, ma non è certo questo un requisito minimo per poter dare vita ad uno spettacolo comunque intelligente e di spessore.