“Passa il lume su per la scala; brilla al primo piano: s’è spento…”. Questi i versi di Giovanni Pascoli, da “Il gelsomino notturno”, in cui racchiude in una metafora (la luce accesa di una finestra che si spegne) e in soli tre punti di sospensione, l’idea di due persone che spengono la luce per fare l’amore.
Siamo tutti poeti e non lo sappiamo. Fin da bambini impariamo a incastrare suoni, lettere e parole, per costruire i nostri pensieri e gettarli al di fuori. Quello che diciamo e come lo diciamo è lo specchio della società in cui viviamo, con le sue tradizioni e la sua sensibilità. Il nostro spirito artistico ci ha fatto inventare attorno al linguaggio un’arte, quella del dire e quella del non dire, con cui realizziamo ogni giorno delle vere e proprie “opere comunicative”.
Capita spesso di trovarsi a parlare di cose potenzialmente imbarazzanti e si tende a utilizzare strategie linguistiche per alleggerire il peso semantico di certe espressioni. Gli strumenti principali sono la perifrasi, ossia un giro di parole che ne sta a significare solo una, e l’eufemismo, figura retorica che consiste nell’uso di vocaboli riduttivi che attenuino il carico espressivo di ciò che si intende affermare.
Il sesso è uno degli argomenti su cui amiamo dire di più senza dire davvero. Per cultura ed educazione personale, non è facile per tutti dire fare sesso o fare l’amore e si preferisce alludere. Esiste, ad esempio, un gran numero di locuzioni eufemistiche legate al luogo in cui lo si fa più di frequente, come andare a letto insieme, portare a letto qualcuno o il più romantico amarsi sotto le lenzuola.
È sorprendente poi che in certe costruzioni si celino micro unità di significato che apportano alla frase delle connotazioni aggiuntive. Per esempio, potrebbe sembrare che il rapporto sessuale nella coppia sposata sia un peso, ascoltando modi di dire come adempiere ai doveri coniugali. Per non parlare del matrimonio, che va addirittura consumato.
In realtà non c’è nulla di allarmante. La maggior parte di noi prende le cose piuttosto alla leggera e sono tantissime anche le espressioni ironiche. Piace a tutti, da adulti, giocare al dottore col proprio partner e sono innumerevoli le forme di stampo, per così dire, onomatopeico del tipo fare snù snù, fare friki friki o il più recente e famigerato bunga bunga.
Lasciando da parte l’infinito vocabolario di registro volgare e i diffusissimi fare le cose zozze, fare le cosine e fare quelle cose lì, arriviamo dritti ad un punto interessante. Il sesso è così centrale, che è riuscito ad annidare tutto il suo significato in un solo dimostrativo: quello. Basta semplicemente dire farlo. Lo hai fatto? Lo avete già fatto? Questa particella lo, con funzione di complemento oggetto, contiene in due lettere e in un’unica fonazione, tutta la grandezza di un comportamento umano primordiale. Non è forse poesia?
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