“Non vendiamo preservativi perché siamo cattolici”. Questa la risposta data ai molti cittadini che nei giorni scorsi hanno chiesto di acquistare dei preservativi alla farmacia dell’Isola Tiberina. Nessun distributore automatico all’esterno e nessuno stand all’interno della farmacia, “ci hanno detto che non vendono i condom per motivi religiosi”. Ed è di nuovo polemica. Non è la prima volta che in Italia dei farmacisti si rifiutino di vendere preservativi, pillole del giorno dopo e altri strumenti contraccettivi, supportati ed esortati dalla Chiesa. Ma i cittadini non ci stanno e si rivolgono alle associazioni per la tutela dei consumatori: “Sono atteggiamenti pericolosi – afferma Carlo Rienzi, presidente del Codacons – questa è una follia”. Condanne anche dall’Anlaids e dall’Arcigay che, commentando questa come una “scelta scellerata”, si dichiara pronta a manifestare in piazza. Inoltre, il preservativo non è solo un mezzo contraccettivo ma serve soprattutto a prevenire l’infezione di malattie sessualmente trasmissibili. In questi termini, i farmacisti obiettori, non vanno contro il loro scopo professionale? “Il preservativo è un presidio sanitario e come tale deve essere venduto nelle farmacie”, commentano altri consumatori; ma è davvero obbligatorio venderli? Nel codice normativo farmaceutico, nella tabella dei medicinali che le farmacie sono obbligate a vendere, non ci sono i preservativi. Allora se le farmacie possono scegliere di non venderli, di chi è la colpa?
Pubblicato su “Municipi di Roma” – Italia Sera.