Arrivo in ritardo. Non per distrazione, non per noncuranza. Solo perché la vita va più veloce di me. Io le sto dietro, la rincorro, ma col fiatone. Ogni anno mi piace tirare le somme, fare due conti con le cose fatte, con quelle abbandonate. Bilanciare le cose trovate e quelle perse, quelle scelte e quelle capitate, schiarisce la mia visione del futuro. Mi permette di sperare e di incazzarmi, di colpevolizzarmi e di complimentarmi, con sensatezza. Così sono qui, arrivato in ritardo nella forma, a scrivere già 15 giorni dopo la fine del 2011, ma assolutamente in tempo nel contenuto. Perché le cose, in fondo, si capiscono sempre dopo.
Quest’anno non c’ero, poi sì. Sono mancato e mi sono mancato. Sono andato via per trovarmi, e poi sono tornato, senza essermi davvero incontrato. Badajoz mi ha accolto, mi ha ammaliato e poi deluso. In fondo, alla fine, mi ha un po’ cresciuto. Cinque non è un numero così piccolo.
Quest’anno ho scritto e letto molto, anche in italiano. Ho amato le pentole pulite e odiato il letto troppo corto; la corsa, il fiume, i gabbiani ad altezza d’uomo, sono cose che mi hanno fatto del bene. Ho frequentato molta gente, poi di meno; ho sorriso, sperato, sognato e sofferto d’insonnia: quest’anno ho cantato poco.
Nel 2011 i viaggi in pullman mi hanno cambiato. Ho visto la terra correre, scivolare via, trascinarsi su se stessa come il dito porta via pittura fresca. Di giorno, ma anche di notte. E mentre quello che avevo di mio mi aspettava, altrove, io respiravo l’odore dei corridoi di una città non mia: quante pubbliche figure di merda, quest’anno! 🙂
È stato un anno breve. Mi sono licenziato, ho cercato molto (no, poco), poi sono stato assunto. Ho assunto molti atteggiamenti diversi: quest’anno ho imparato a non fidarmi, a studiare le persone; ma anche a farmi conoscere, a dichiarare. Perché io mi devo assomigliare.
Quest’anno ho fatto delle scelte, preso decisioni, detto di sì dove gli altri mi hanno consigliato di no. Ho fatto ridere e forse piangere, ho riso e sicuramente pianto. E ne è valsa la pena, sempre.
Questo è stato l’anno in cui è arrivato finalmente quello che aspettavo. Ma non lo so, più, se era così quello che aspettavo. Perché io lo aspettavo da tempo e nel frattempo sono cambiato. Quello che è arrivato adesso, forse è molto meglio e devo farmene una ragione: mica è semplice accettare la felicità. Se ci penso, Mario è diventato in fretta un adolescente! 🙂
Quest’anno “Mi piace”, ci sono cascato anche io; ho partecipato a molte conferenze stampa e preso tanti appunti, e Alemanno arriva sempre tardi! Ho dedicato delle canzoni, ma nessuno ne ha dedicate a me: forse non mi piace questa cosa, ma ci penserò nel 2012. E poi va be’ , quest’anno il 23 ne ho fatti 23!
È stato l’anno delle scoperte, delle sorprese, fatte e ricevute. Quest’anno Manuel Saraca vi dà il buon pomeriggio su Radio Power Station!!: ho come l’impressione che io so fare delle cose e neanche me ne rendo conto. Direi di sì, quest’anno ho anche dimenticato, messo via perché obsoleto, ma non tutto: mica me le scordo le regole che ho scritto.
Il 2011 mi ha mosso e non posso, no, lamentarmi. Ho cominciato a scavare delle buche e a costruirci dentro, a piantarci progetti, più o meno grandi e più o meno possibili, che affiderò alle cure e ai nutrimenti del 2012. Sarò sincero, perché non lo sono stato; sarò sicuro, perché non lo sono stato; sarò me, perchè… perché sì. Anche quest’anno ho detto troppo pochi vaffanculo, ma a differenza dell’anno appena trascorso, ho stretto molte mani e questo significa che le cose le so cambiare. Sto diventando una persona nuova, mi sto vestendo di un Manuel che non conosco ancora molto bene: mi spaventa e allo stesso tempo mi emoziona, mi entusiasma. Ma questa è una storia dell’anno prossimo.