“Educare con l’arte” dell’Associazione Manes

Nel XIII Municipio è arrivato un nuovo progetto per l’educazione. Finalmente un nuovo modo di insegnare e di far crescere i ragazzi; un nuovo modo di fare scuola e sostenere l’insegnamento. È stato presentato la settimana scorsa, infatti, nell’aula consiliare del municipio, il progetto pedagogico ideato e realizzato dall’associazione Manes, che ha l’obiettivo di far conoscere e diffondere la “pedagogia Waldorf- Steiner”. Si tratta di un metodo d’insegnamento innovativo che si propone di far raggiungere una profonda consapevolezza di sé attraverso l’insegnamento di varie forme d’arte, in grado di sviluppare la sensibilità artistica dei ragazzi e portare alla luce il loro talento. “È un percorso di conoscenza di una nuova dinamica e, al contempo, della divulgazione di un metodo che vedrà il municipio XIII principale attore con una serie di iniziative”. Questo il commento di Salvatore Colloca, delegato alla Cultura, che insieme al presidente dell’associazione Manes, Danilo Casertano, ha annunciato una serie di eventi come mostre d’arte, eventi culturali, laboratori artistici per bambini e sportelli di consulenza pedagogica per il sostegno a famiglie in difficoltà. “Siamo davanti ad un progetto che va oltre il tradizionale percorso nozionistico – ha dichiarato il presidente della commissione cultura Monica Picca – un percorso ricco di contenuti sì importanti ma che spesso trascurano le capacità artistiche mortificando il talento”. Per ulteriori informazioni è possibile visitare il sito della Manes www.associazionemanes.org.

Pubblicato su “Municipi di Roma” – Italia Sera.

Cuore sacro – F. Ozpetek

Il caso non esiste, o se esiste non è altro che il modo attraverso cui Dio, un dio qualsiasi da qualche parte, si diverte a modificare la sceneggiatura della vita. Guardando Cuore Sacro si riesce subito a capire come l’ironia della casualità e la sua assoluta perfezione riescano ad alterare sensibilmente non solo la nostra realtà, ma il nostro modo di concepire l’esistenza stessa. Basta un solo attimo, un solo battito. Un solo battito di quel cuore nascosto che tutti noi possediamo, ma di cui non riusciamo a scorgere la luce.

Irene Ravelli è una giovane imprenditrice di successo, il suo lavoro è tutta la sua vita, e non c’è spazio per nient’altro. E’ esattamente ciò che le ha sempre insegnato la zia Eleonora, con cui divide la gestione della secolare azienda di famiglia e che ordina e coordina, in qualche modo, tutto ciò che riguarda Irene. Ma nel loro passato c’è qualcosa di misterioso, tenuto nascosto da menzogne e verità mai raccontate, che ora torna paurosamente a galla: la ristrutturazione del vecchio palazzetto di famiglia diventa occasione per Irene di entrare nella vecchia stanza di sua madre. Nessuno mai le ha raccontato di lei, nessuno mai le ha spiegato chi era, e nessuno ha voluto raccontarle come è morta. Ma adesso, quelle scritte che Irene trova sui muri, quei segni di una pazzia religiosa incontrollata, diventano per lei dei rumori troppo forti, delle grida che dal passato reclamano la sua attenzione e la sua coscienza spirituale. Sarà l’incontro con una curiosa bambina, Benny, a determinare in lei un radicale cambiamento e a guidarla verso una strada che mai avrebbe immaginato: abbandonare la sua vita da ricca imprenditrice e dedicarsi completamente ai poveri. Trasforma il palazzetto in una mensa gratuita, fa volontariato, regala i suoi averi, e perde – o trova, molto più probabile – il contatto con il suo vero io. Ma Benny, quella bimba così irruente ed estroversa non resterà con lei per sempre, e Irene non saprà mai cosa ha rappresentato realmente nella sua vita.

La narrazione è scandita da un ritmo sereno, mai noioso, e colorato da tutta una serie di espedienti cinematografici che regalano al film un totale senso di pace. Il regista è in grado di creare un clima talmente delicato e confortevole che lo spettatore ha quasi voglia di far parte della storia. Non è propriamente un film che invita alla riflessione, non è incentrato su una qualsiasi grande tematica di rilievo sociale – la povertà ad esempio; ma poggia lo sguardo sul processo di cambiamento che un essere umano può affrontare. L’attenzione è totalmente riservata all’evoluzione sentimentale, cognitiva, psicologica oserei, della protagonista. La sua voglia di trovare le risposte al suo passato così incerto la inducono a cercare in modo spasmodico un qualsiasi contatto divino, il contatto religioso che le è sempre mancato. Ma le risposte sono un’entità occulta; qualcosa che non si vede subito, non si è abituati a farlo. Le risposte, spesso, si manifestano a noi prima ancora delle domande. Ma questa è una cosa che capisce solo lo spettatore, Irene Ravelli non lo saprà mai.

Un encomio particolare è da rivolgere alla magistrale colonna sonora di Andrea Guerra che, ancora una volta, dopo “La finestra di fronte”, si affianca alle opere di Ozpetek e torna a meravigliarci con sonorità di rara bellezza. La bravura degli attori protagonisti, Barbora Bobulova come Irene e una promettente Camille Dugay Comencini come Benny, non sono di certo un fattore secondario responsabile dell’altissima qualità di questo film. Se continua così, Ozpetek rischia di diventare uno dei migliori registi del cinema italiano.

“Ognuno di noi possiede due cuori, uno, quello più razionale, eclissa l’altro che emana un calore e una luce di cui nessuno può fare a meno. Quello è un cuore sacro.”

La finestra di fronte – F. Ozpetek

Gli incontri cambiano le vite. Modificano ogni sequenza, ed alterano, in modo più o meno percettibile, il trascorrere regolare dell’esistenza. È questo La finestra di fronte: uno spaccato di vita comune, una finestra – appunto – aperta su un presente e su un passato, scritti dalla casualità degli eventi, e pronti ad essere rimessi in discussione. Giovanna e Filippo sono sposati, il loro matrimonio è stanco e le difficoltà quotidiane mettono a dura prova la vita di coppia. Nessuno dei due ama il proprio lavoro, e mentre lui cerca di nascondere a se stesso le sue fragilità, lei spia dalla finestra Lorenzo, un uomo affascinante che vive nel palazzo di fronte al suo.

Presto la loro vita seguirà una deviazione inaspettata: l’incontro casuale con Davide, reduce di un campo di concentramento che ha perso la memoria, costringerà Giovanna a confrontarsi con il passato dell’umanità, con storie d’amore inedite, e con la necessità – sempre più pressante – di evadere da sé. Verrà proiettata, per un momento, in una realtà che non le appartiene realmente – come una piccola pausa dalla vita – ma che le farà capire qual è la sua direzione. Avrà la forza, forse proprio grazie a quel vecchietto misterioso, di cambiare le carte in tavola e dare una svolta alla sua vita.

La trama è originale e lo stile della narrazione mantiene costantemente vivo l’interesse dello spettatore. La buona dose di mistero e romanticismo sono mescolati al punto giusto, e il sapiente montaggio di flash back guida lentamente gli spettatori verso un coinvolgimento emotivo crescente. Spesso le immagini e il sonoro sembrano seguire una linea narrativa diversa, due trame differenti che si sovrappongono perfettamente: se la voce di Giovanna legge le parole di una lettera d’amore ritrovata nella giacca dell’anziano signore senza memoria, le immagini mostrano l’appassionato e insensato incontro tra lei e Lorenzo, che a sua volta spia Giovanna dalla sua finestra.

Giovanna Mezzogiorno at 2009 Venice Film Festival

Image via Wikipedia

Film straordinario in grado di parlare d’amore nel presente e amore nel passato; Ozpetek è ancora una volta in grado di commuovere con delicatezza e serietà toccando temi storici importantissimi, sempre con estrema educazione di stile. La qualità del film è anche il risultato dell’eccellente colonna sonora di Andrea Guerra, che regala ad ogni scena un tratto semantico di maggiore intensità; e dalla ormai appurata bravura di attori come Giovanna Mezzogiorno, Filippo Nigro e Raul Bova. Imperdibile.

“Tutti quelli che se ne vanno, ti lasciano dentro qualcosa di sé. Forse è questo il segreto della memoria”.