La caduta – O. Hirschbiegel

Sempre un libro in più. Sempre una pagina in più. Sempre un film in più per raccontare un tracciato di storia, forse la storia stessa, di una nazione, un continente, macchiato da una sola mente diabolica: Adolf Hitler.

Lui, l’autore delle leggi razziali, dei campi di concentramento; il promotore di uccisioni senza scrupoli, violenze senza impedimenti, raccontato nei suoi ultimi giorni di vita. Quei momenti nella Berlino bombardata dai russi, quegli attimi sepolti nel bunker spiegano benissimo le ideologie di una politica devastante, una dittatura deturpante già ben esplicata negli anni precedenti dai fatti e ancor prima dal Mein Kampf: lo sconvolgente trattato sulla battaglia che il Fhurer vorrà, e riuscirà, ad ottenere.

Dal punto di vista cinematografico ci troviamo davanti a un film scuro, in un clima rumoroso in cui la colonna sonora è coperta dal riverbero delle bombe. Il regista è abilissimo nel riprendere scene intuitive e gli attori sono tutti degni di grandi meriti. Specialmente Bruno Ganz, a cui è stato affidato l’arduo compito di interpretare le ambigue gentilezze e gli scatti nevrotici del dittatore. A parte una sporadica monotonia nella fotografia e la voce del doppiatore di Hitler non troppo giusta per il volto dell’attore tedesco, è sicuramente un film da segnalare.

Tutti a casa – L. Comencini

Uno spiraglio, uno stralcio di un’Italia ferita e stanca dalla guerra. Questo film è una abile testimonianza più che della posizione dell’Italia in guerra, della posizione degli italiani. La loro forza ormai giunta all’estremo, la confusione, la sprovvedutezza e quel tocco di ironia che hanno sempre contraddistinto la nostra umanità.

La storia racconta del ritorno a casa di alcuni soldati appresa la notizia dell’armistizio con l’America che ha improvvisamente reso i potenti camerati tedeschi dei feroci nemici, sciacalli già giunti nel territorio da depredare. In particolare si segue la storia del sottotenente Innocenzi (uno straordinario Alberto Sordi) che vedrà sotto i suoi occhi uccisioni di suoi soldati, amici, e sarà testimone di rivolte popolari a cui si troverà inevitabilmente coinvolto. In tutto questo però non perderà mai la gioia del suo ritorno, di rivedere il padre e di ritrovare nella sua città, Roma, quei gusti tradizionali e semplici, forse anche periferici, tipicamente italiani. Di una Italia povera però, di un’Italia affamata e minacciata dallo squadrismo fascista, di una popolazione impaurita, scaltra e che a tratti desta una innocente tenerezza con i suoi umili interventi.

Questo, infatti, è proprio quello che trasmette quel giovane volto di Alberto Sordi, un colosso nella storia del cinema, una colonna portante della comicità e drammaticità: icona spontanea degli abitanti del Bel Paese. E insieme a lui, il cinema ha perso un altro dei più significativi “narratori su pellicola” dei nostri tempi: proprio pochi giorni fa, infatti, Luigi Comencini – regista del film – si è spento, lasciando la terra e la storia che per anni ha raccontato nei suoi capolavori. Tutti a casa è uno di questi.

Io uccido – G. Faletti

Io uccido non è solo un’agghiacciante vicenda di cronaca nera, ma è anche la firma di un assassino, lasciata su pareti inermi, testimoni di un massacro. Una scritta che ha più l’aria di essere un macabro promemoria piuttosto che un segno di riconoscimento. Un uomo, o nessun uomo – secondo la sua personale prospettiva psicologica – deturpa i corpi delle persone alle quali toglie la vita, strappando via, con precisione chirurgica, il loro volto.

Monte Carlo, la città del benessere, il paradiso di chi gioca con l’economia, il simbolo del barocco modernizzato, è lo scenario della storia che coinvolgerà forze di polizia, esercito, dottori, giornalisti, amori insoliti, ricordi da dimenticare e musica: quella che l’assassino, Nessuno – così nominato da se stesso e da chi guadagna scrivendo di lui – ama e di cui non può fare a meno neppure durante i suoi diabolici sacrifici notturni.

La narrazione si muove a passi lenti, ma comunque costanti nelle sue rivelazioni continue. Molti i colpi di scena che immobilizzano il lettore alle pagine fitte di eventi; una trama che riesce ad essere verosimile e coinvolgente. Si è proiettati continuamente nei panni dei personaggi coinvolti, nella loro mentalità, nei loro pensieri. Un’abile destrezza stilistica conduce l’autore a non chiarire subito determinate costruzioni che il lettore ha inevitabilmente maturato durante la lettura, e che si risolveranno solo in un secondo momento, come tanti tasselli di un puzzle che trovano ragione d’esistere solo quando vengono collocati al posto giusto. Sicuramente non un linguaggio semplicissimo, ma ad ogni modo avvolgente e intrigante nei suoi tratti ironici. Una storia che giustifica il meritato successo letterario di un Giorgio Faletti alla sua prima esperienza da scrittore. Immancabile nella propria libreria.