Temporali, muore una giovane ragazza

Cinque feriti, una donna in codice rosso, e una giovane ragazza morta sotto le lame di un’auto: è così che l’autunno si diverte a giocare con il clima, ed è il maltempo, ancora una volta, ad uccidere. Aveva 19 anni la ragazza romena che il 12 ottobre è rimasta schiacciata da un albero in Via Lunghezzina. Stava andando a San Vittorino Romano, nel pomeriggio inoltrato, quando una forte tromba d’aria si è abbattuta su Roma facendo cadere cartelloni pubblicitari, pali della luce, grossi rami, e circa 80 alberi in tutta la città. Uno di questi ha travolto l’auto della ragazza che era accompagnata da due amiche coetanee, anche loro di origine romena. Per loro solo qualche ferita e tanto spavento; ma la giovane, che sedeva nei sedili posteriori, non è riuscita a liberarsi e ha perso la vita.

È solo uno degli episodi che ha sconvolto Roma: in poche ore sono state centinaia le chiamate a polizia municipale, 118 e vigili del fuoco. Richieste di aiuto provenienti da tutta la città; una città impreparata e terrorizzata da un maltempo inaspettato che peggiora ogni anno. Anche nei quartieri dell’Eur e Montesacro sono crollati alberi e lampioni provocando diversi feriti e danni al manto stradale. Una donna è stata portata con urgenza al pronto soccorso dell’ospedale Sant’Eugenio in codice rosso, anche lei vittima di un albero spazzato via dal vento in zona Eur. Ora è cosciente e si attendono aggiornamenti sul suo stato di salute.

Nel frattempo il servizio di trasporto pubblico ha subito forti variazioni: circa 30 strade chiuse, 20 linee bus deviate, linee tram sospese, ed è stata bloccata la linea ferroviaria Roma-Viterbo a causa di un masso che impediva il transito dei treni. Gli interventi sono stati immediati e l’Atac ha già comunicato il ripristino delle linee 170, 791, n2 e n3 in Viale Marconi. Non mancano però le polemiche: Legambiente denuncia una scarsa manutenzione del verde, mentre l’assessore all’Ambiente Fabio De Lillo difende i lavori di potatura di 2mila alberi.

Pubblicato su “Cronache Ottavo”.

La finestra di fronte – F. Ozpetek

Gli incontri cambiano le vite. Modificano ogni sequenza, ed alterano, in modo più o meno percettibile, il trascorrere regolare dell’esistenza. È questo La finestra di fronte: uno spaccato di vita comune, una finestra – appunto – aperta su un presente e su un passato, scritti dalla casualità degli eventi, e pronti ad essere rimessi in discussione. Giovanna e Filippo sono sposati, il loro matrimonio è stanco e le difficoltà quotidiane mettono a dura prova la vita di coppia. Nessuno dei due ama il proprio lavoro, e mentre lui cerca di nascondere a se stesso le sue fragilità, lei spia dalla finestra Lorenzo, un uomo affascinante che vive nel palazzo di fronte al suo.

Presto la loro vita seguirà una deviazione inaspettata: l’incontro casuale con Davide, reduce di un campo di concentramento che ha perso la memoria, costringerà Giovanna a confrontarsi con il passato dell’umanità, con storie d’amore inedite, e con la necessità – sempre più pressante – di evadere da sé. Verrà proiettata, per un momento, in una realtà che non le appartiene realmente – come una piccola pausa dalla vita – ma che le farà capire qual è la sua direzione. Avrà la forza, forse proprio grazie a quel vecchietto misterioso, di cambiare le carte in tavola e dare una svolta alla sua vita.

La trama è originale e lo stile della narrazione mantiene costantemente vivo l’interesse dello spettatore. La buona dose di mistero e romanticismo sono mescolati al punto giusto, e il sapiente montaggio di flash back guida lentamente gli spettatori verso un coinvolgimento emotivo crescente. Spesso le immagini e il sonoro sembrano seguire una linea narrativa diversa, due trame differenti che si sovrappongono perfettamente: se la voce di Giovanna legge le parole di una lettera d’amore ritrovata nella giacca dell’anziano signore senza memoria, le immagini mostrano l’appassionato e insensato incontro tra lei e Lorenzo, che a sua volta spia Giovanna dalla sua finestra.

Giovanna Mezzogiorno at 2009 Venice Film Festival

Image via Wikipedia

Film straordinario in grado di parlare d’amore nel presente e amore nel passato; Ozpetek è ancora una volta in grado di commuovere con delicatezza e serietà toccando temi storici importantissimi, sempre con estrema educazione di stile. La qualità del film è anche il risultato dell’eccellente colonna sonora di Andrea Guerra, che regala ad ogni scena un tratto semantico di maggiore intensità; e dalla ormai appurata bravura di attori come Giovanna Mezzogiorno, Filippo Nigro e Raul Bova. Imperdibile.

“Tutti quelli che se ne vanno, ti lasciano dentro qualcosa di sé. Forse è questo il segreto della memoria”.

Le fate ignoranti – F. Ozpetek

Fino a che punto un uomo può riuscire ad avere due vite diverse, due storie diametralmente opposte, contemporaneamente? Antonia questo non riesce proprio a spiegarselo, specialmente quando scopre che il marito Massimo – prima di morire – la tradiva da sette anni con un uomo. Improvvisamente e casualmente, la protagonista – una splendida Margherita Buy – viene catapultata in un mondo completamente diverso dal suo, una dimensione lontana anni luce dalla vita tranquilla e tradizionale che aveva costruito fino ad allora. Un set cinematografico della realtà pieno di persone, quasi personaggi, che hanno a che fare con cose che Antonia non aveva neanche mai immaginato potessero un giorno riguardarle: omosessualità, famiglie allargate e malattie incurabili, inaspettatamente entrano nella sua realtà quasi con prepotenza costringendola a capire – provarci quantomeno – quel nuovo tutto, quella seconda parte del marito che era sempre stata occulta, ma che era pur sempre parte di lui.

L’imbarazzo iniziale e i suoi modi impacciati si sciolgono lentamente dentro tutta la trama, fino ad arrivare ad un delicato agio che rende la storia a tratti simpatica a tratti emozionante. D’altra parte il centro di tutto è comunque l’amore, e quell’idea di diventare amica dell’amante del marito – come le aveva proposto cinicamente la madre – Antonia non la vede più come un’assurdità. Ma in un modo o in un altro, presto o tardi, si torna sempre a fare i conti con se stessi, e quella che cominciava ad essere una nuova vita, improvvisamente viene interrotta da un evento inaspettato che regalerà ad Antonia la serenità persa e la riporterà sui passi della sua vera vita.

Un film crudo, vero, estremamente diretto: la realtà raccontata da Ozpetek è quasi più vera del vero e riesce ad arrivare fin dentro lo spettatore in modo schiacciante. Ci sono tante parole non dette, tanti discorsi mai iniziati, che si accumulano, caricano i protagonisti fino a far esplodere le loro sofferenze: sia Antonia che Michele – l’amante di Massimo – infatti, si sentono incompleti; si ritrovano quasi per forza a condividere una mancanza, un vuoto sentimentale che è lo stesso, e che i due si illudono di poter colmare restando vicini.

La colonna sonora è ben studiata, colora le sequenze con il sapore di una malinconia amara, quasi triste, ed è perfettamente in grado di sostenere il ritmo della narrazione. Un film che fa riflettere, che scuote lo spettatore e gli impone di adattarsi, come Antonia, a qualcosa che non gli appartiene e che fa crescere.

“Forse ho solo un po’ di nostalgia di una banale stupida vita normale”.. “Ma quella già ce l’hai, non ti illudere”.