Tor Bella Monaca, ancora controlli e arresti

Un intero quartiere sotto accusa: nuovi controlli e arresti a Tor Bella Monaca. Sembrano non finire mai le ispezioni a sorpresa che le forze armate svolgono nel quartiere più discusso di Roma. Droga, rapine, e delinquenza sono ormai all’ordine del giorno, e risuonano ancora troppo forti le notizie degli arresti per spaccio, sequestri e violenze di queste ultime settimane, avvenuti proprio in questo territorio. Un territorio sofferente, e desideroso di un riscatto che sembra non arrivare mai. Era notte inoltrata, tra il 6 e il 7 Novembre, quando i Carabinieri della Compagnia di Frascati hanno dato il via ad un altro durissimo controllo del territorio del quartiere romano durato fino all’alba. Erano oltre 30 i militari che hanno setacciato la zona facendo visita a circa 50 persone sottoposte agli arresti domiciliari o a sorveglianza speciale. Tre di queste sono state arrestate: un 27enne portato subito in carcere su ordine del Tribunale di Roma per aver violato più volte i domiciliari; un 40enne e un 49enne, anche loro agli arresti domiciliari, che dovranno rispondere di evasione.

E questo è solo uno degli ultimi episodi che vedono protagoniste le forze armate: proprio la mattina del 7, successivamente ai controlli durati tutta la notte, la stessa Compagnia di Frascati ha ispezionato da cima a fondo il mercato del sabato di Tor Bella Monaca. Dalle ore 8.00, a partire da via Ferdinando Quaglia fino a via Santa Rita da Cascia, i Carabinieri hanno controllato tutti i banchi e i venditori, facendo sanzioni per circa 10.000 euro ad extracomunitari abusivi e bancarelle senza licenza. È l’ennesima operazione di successo dall’Arma dei Carabinieri, aiutata dagli uomini dell’8° Reggimento “Lazio”, che riceve dai cittadini apprezzamenti sempre maggiori: “In un quartiere difficile come questo, paradossalmente, mi sento sicura. Proprio grazie ai controlli che i Carabinieri svolgono periodicamente” è il commento di una donna che ha assistito compiaciuta all’operazione militare.

Pubblicato su “Cronache Ottavo”.

Cuore sacro – F. Ozpetek

Il caso non esiste, o se esiste non è altro che il modo attraverso cui Dio, un dio qualsiasi da qualche parte, si diverte a modificare la sceneggiatura della vita. Guardando Cuore Sacro si riesce subito a capire come l’ironia della casualità e la sua assoluta perfezione riescano ad alterare sensibilmente non solo la nostra realtà, ma il nostro modo di concepire l’esistenza stessa. Basta un solo attimo, un solo battito. Un solo battito di quel cuore nascosto che tutti noi possediamo, ma di cui non riusciamo a scorgere la luce.

Irene Ravelli è una giovane imprenditrice di successo, il suo lavoro è tutta la sua vita, e non c’è spazio per nient’altro. E’ esattamente ciò che le ha sempre insegnato la zia Eleonora, con cui divide la gestione della secolare azienda di famiglia e che ordina e coordina, in qualche modo, tutto ciò che riguarda Irene. Ma nel loro passato c’è qualcosa di misterioso, tenuto nascosto da menzogne e verità mai raccontate, che ora torna paurosamente a galla: la ristrutturazione del vecchio palazzetto di famiglia diventa occasione per Irene di entrare nella vecchia stanza di sua madre. Nessuno mai le ha raccontato di lei, nessuno mai le ha spiegato chi era, e nessuno ha voluto raccontarle come è morta. Ma adesso, quelle scritte che Irene trova sui muri, quei segni di una pazzia religiosa incontrollata, diventano per lei dei rumori troppo forti, delle grida che dal passato reclamano la sua attenzione e la sua coscienza spirituale. Sarà l’incontro con una curiosa bambina, Benny, a determinare in lei un radicale cambiamento e a guidarla verso una strada che mai avrebbe immaginato: abbandonare la sua vita da ricca imprenditrice e dedicarsi completamente ai poveri. Trasforma il palazzetto in una mensa gratuita, fa volontariato, regala i suoi averi, e perde – o trova, molto più probabile – il contatto con il suo vero io. Ma Benny, quella bimba così irruente ed estroversa non resterà con lei per sempre, e Irene non saprà mai cosa ha rappresentato realmente nella sua vita.

La narrazione è scandita da un ritmo sereno, mai noioso, e colorato da tutta una serie di espedienti cinematografici che regalano al film un totale senso di pace. Il regista è in grado di creare un clima talmente delicato e confortevole che lo spettatore ha quasi voglia di far parte della storia. Non è propriamente un film che invita alla riflessione, non è incentrato su una qualsiasi grande tematica di rilievo sociale – la povertà ad esempio; ma poggia lo sguardo sul processo di cambiamento che un essere umano può affrontare. L’attenzione è totalmente riservata all’evoluzione sentimentale, cognitiva, psicologica oserei, della protagonista. La sua voglia di trovare le risposte al suo passato così incerto la inducono a cercare in modo spasmodico un qualsiasi contatto divino, il contatto religioso che le è sempre mancato. Ma le risposte sono un’entità occulta; qualcosa che non si vede subito, non si è abituati a farlo. Le risposte, spesso, si manifestano a noi prima ancora delle domande. Ma questa è una cosa che capisce solo lo spettatore, Irene Ravelli non lo saprà mai.

Un encomio particolare è da rivolgere alla magistrale colonna sonora di Andrea Guerra che, ancora una volta, dopo “La finestra di fronte”, si affianca alle opere di Ozpetek e torna a meravigliarci con sonorità di rara bellezza. La bravura degli attori protagonisti, Barbora Bobulova come Irene e una promettente Camille Dugay Comencini come Benny, non sono di certo un fattore secondario responsabile dell’altissima qualità di questo film. Se continua così, Ozpetek rischia di diventare uno dei migliori registi del cinema italiano.

“Ognuno di noi possiede due cuori, uno, quello più razionale, eclissa l’altro che emana un calore e una luce di cui nessuno può fare a meno. Quello è un cuore sacro.”

Writers, chi sporca i muri pulirà tre volte

Basta con le scritte sui muri della città. È in fase di lavorazione al Campidoglio una nuova ordinanza del sindaco Alemanno che impedirebbe ai graffitari, i cosiddetti writers, di continuare ad imbrattare i muri con colori e scritte incomprensibili. È di nuovo polemica: i graffiti sono vandalismo o forma d’arte? Le idee si dividono, e mentre il sindaco studia delle pene appropriate, i writers contrattaccano: “I ragazzi che creano murales esprimono il loro essere attraverso le bombolette. Per tutelare quest’arte c’è bisogno di una proposta opportuna e non punitiva”. Queste le parole di Mister Thoms, leader dei writers romani. Ma il sindaco non molla: “Li manderò a pulire i muri”. Esistono già norme severe per chi imbratta i monumenti storici, si tratta del decreto Prestigiacomo che prevede la reclusione da 1 a 6 mesi, ed una multa fino a mille euro.

Ma la nuova ordinanza, nata insieme a quelle antibivacco e antilavavetri, pone un’alternativa, e sta introducendo un meccanismo punitivo più efficace: se sporchi una parete, sei condannato a pulire una superficie tre volte più grande. Sono norme che inquadrano il graffitismo come un atto di inciviltà, spiegano gli artisti sotto accusa, “cosa c’entriamo noi con le ordinanze antiborseggio, antibivacco o antilavavetri?”. Ma la questione rimane aperta; e mentre nelle maggiori città europee del nord si susseguono festival e mostre di quella che ormai viene definita “arte urbana”, Roma vanta il progetto Cromiae promosso da Veltroni nel 2007: una serie di eventi pubblici in cui i writers, supportati dall’associazione Walls, dipingono i muri resi legali dall’Ufficio al Decoro Urbano.

Ma questo può davvero essere considerato il nuovo decoro pubblico? Probabilmente non la pensano così Ama e Trambus, che impiegano milioni di euro nella pulizia di strade, cassonetti e mezzi pubblici imbrattati. Perché è necessario osservare che non sono solo i muri ad essere dipinti; i vetri e i sedili di autobus e treni vengono quotidianamente deturpati con scritte, firme e disegni volgari. Come comportarsi, dunque? Dove porre il confine tra vandalismo e nuove forme espressive? Siamo di fronte ad un regolamento che finalmente renderà Roma pulita, o ad una norma che decide se una certa forma d’espressione è sbagliata?

Pubblicato su “Cronache Ottavo”.