Esplode cisterna, operaio grave

Le temperature si abbassano, l’acqua diventa ghiaccio e il maltempo continua a terrorizzare: sono queste le presunte cause dell’esplosione avvenuta Mercoledì 3 Febbraio a Borgo San Vittore di Cesena, in uno stabilimento dell’azienda Amadori. Nel cuore della notte, verso le 3.10, un’autoclave piena d’acqua è improvvisamente scoppiata colpendo l’operaio elettricista Giovanni Prati, di 32 anni, che è caduto a terra e ha battuto violentemente la testa. Il caposquadra della manutenzione, presente anche lui durante l’esplosione e rimasto fortunatamente illeso, ha subito chiamato i soccorsi. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118 che hanno portato con urgenza l’operaio al reparto di Terapia Intensiva dell’ospedale Bufalini, dov’è tutt’ora ricoverato in gravissime condizioni, con un trauma cranico e numerose ferite; e anche Vigili del Fuoco e Carabinieri, che hanno cercato di riportare l’ordine nella fabbrica e di ispezionare la scena della tragedia. Stando ad una prima ricostruzione, dunque, sarebbe stata la bassa temperatura ad aver causato l’esplosione: l’acqua è ghiacciata e la cisterna del reparto di “Rendering”, dove avviene la demineralizzazione delle acque e dove si lavorano gli scarti degli animali, non ha retto, devastando la stanza in cui lavorava al quadro elettrico il 32enne, ora in pericolo di vita. Ma presso l’azienda di Via del Rio si sono recati anche i rappresentanti sindacali dei lavoratori per verificare che non ci siano state mancanze nella gestione della manutenzione da parte dei dirigenti dell’azienda, per verificare se questa devastante esplosione poteva essere evitata o in qualche modo prevista, e che non ci siano responsabilità dei vertici aziendali, indipendenti dalla temperatura climatica.

Mentre ci si augura che il gravissimo incidente sul lavoro di Mercoledì scorso non diventi l’ennesima morte bianca, il direttore della produzione dello stabilimento, Giampaolo Zauli, ha dichiarato di essere incredulo e profondamente addolorato per l’incidente avvenuto in fabbrica; “mentre cerchiamo di capire la dinamica dell’accaduto, la nostra maggior preoccupazione è rivolta al collega: ci auguriamo che possa riprendersi al più presto”.

Pubblicato su “Campus @ TVG”.

Nuove Brigate Rosse: arrestati due uomini a Milano

Red Brigades

Image via Wikipedia

“Per il comunismo Brigate Rosse”: è questo il nome dell’associazione terroristica di cui si pensa facciano parte Costantino Virgilio e Manolo Morlacchi, di 34 e 39 anni, arrestati la mattina del 18 Gennaio a Milano. Secondo una complessa indagine durata oltre un anno, condotta dalla Digos di Roma e Milano in collaborazione con la Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, i due uomini sono gli ultimi membri di una associazione di stampo marxistaleninista, che aveva l’obiettivo di rilanciare la lotta armata e proporsi come le nuove Brigate Rosse. Per loro le accuse vanno dall’associazione eversiva alla banda armata, alla detenzione di armi. Stesse accuse che già nel Giugno del 2009 avevano portato all’arresto di altri cinque uomini, localizzati fra Roma e Genova, accusati di far parte della medesima formazione rivoluzionaria. L’inchiesta era iniziata nel 2007 con l’intercettazione di una telefonata effettuata da Luigi Fallico, ad oggi considerato capo del gruppo terroristico, in cui veniva organizzato un attentato alla Maddalena in occasione del G8. Le Forze dell’ordine avevano individuato i responsabili, effettuato pesanti perquisizioni, e sequestrato ingenti quantitativi di armi anche nelle abitazioni di Morlacchi e Virgilio a Milano.

Nulla di nuovo, dunque, per i due arrestati che lunedì scorso hanno subìto un altro controllo a sorpresa; e dopo un interrogatorio durato cinque ore, sono stati portati in cella di isolamento nel penitenziario di San Vittore. Tra gli effetti personali di uno dei due uomini, è stato trovato un dossier contenente istruzioni e consigli vari su come operare da terrorista: “una specie di codice di condotta consigliato ai militanti rivoluzionari”, così come citato nel manuale stesso. Spiegazioni su come usare internet senza lasciare tracce, come comunicare in codice senza il rischio di essere rintracciati, procedure e tecniche testate, insomma, che “devono essere applicate con la creatività che deve contraddistinguere i rivoluzionari”. Ciò nonostante entrambi i presunti terroristi negano l’appartenenza alla banda, e il loro legale ha già annunciato il ricorso al riesame dopo il secondo interrogatorio avvenuto giovedì. Ma a respingere le accuse è soprattutto Manolo Morlacchi, che si sente maggiormente accusato: Manolo, infatti, è il figlio di Pietro Morlacchi, considerato uno dei primi fondatori delle Brigate Rosse nel 1970.

Manolo si è laureato in Storia Contemporanea nel 1997 con una tesi dal titolo “Politica e ideologia nell’Italia degli anni ’70. Il caso Br” che rimandava all’esperienza del padre, ed ha pubblicato un libro sulla storia della sua famiglia, in particolar modo sulla figura di Pietro Morlacchi: “Non posso che guardare con enorme ammirazione alle scelte compiute da mio padre, da mia madre e da centinaia di altri compagni più di trent’anni fa”, aveva affermato in un’intervista; e in uno scritto dello scorso anno dichiarava che non è giusto essere considerati terroristi solo per il cognome che si porta.

Nel frattempo le indagini continuano, e mentre la Procura di Roma denuncia l’esistenza di altri due presunti neobrigatisti ancora in libertà, il Ministro dell’Interno Maroni si congratula con il Capo della Polizia per l’ottimo lavoro svolto:“Gli arresti dimostrano che l’attenzione delle Forze dell’ordine nei confronti del terrorismo brigatista è massima. Continueremo a mantenere alta la guardia per contrastare ogni forma di terrorismo ed evitare il ritorno degli anni di piombo”.

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“L’ho uccisa perché mi ricattava”

Il ritrovamento di un cadavere, un indagato, una confessione: Francesca Bova è morta perché è stata ammazzata. Le ha fracassato la testa il suo assassino, dopo averle sparato un colpo di pistola. Era madre di un bimbo di 8 mesi e viveva con i suoi genitori a Savona, in un paese di provincia. La vita le è stata strappata in una cantina, nei sotterranei del suo condominio; una vita difficile, forse, segnata da due divorzi e un figlio da crescere da sola. E’ stato un inquilino a trovare il corpo della 29enne, che ha subito lanciato l’allarme ai Carabinieri. È il 9 Gennaio quando viene fermato Marco Francesco Virgilli, il tabaccaio del paese, maggior sospettato. Durante il primo interrogatorio nega addirittura di conoscere la donna, ma quando i Carabinieri gli mostrano i tabulati in cui compaiono le frequenti telefonate fra lui e la vittima, l’uomo rimane interdetto. Poi il 12 Gennaio la confessione:“L’ho uccisa perché mi ricattava. Veniva nella ricevitoria per giocare ai videopoker, perdeva fino a 300 € al giorno, e mi chiedeva continuamente dei prestiti” afferma il tabaccaio, “era arrivata al punto di minacciare le mie figlie”. Questo il movente di Virgilli, ex Guardia Giurata, che Venerdì scorso ha dato appuntamento alla vittima, per ucciderla. Tuttavia non è ancora chiara la dinamica dell’omicidio e si attendono i risultati dell’autopsia sul corpo di Francesca. Nel frattempo il pm Pelosi ha fatto i complimenti all’Arma per la rapidità nella soluzione del giallo.

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