Prima l’hanno osannata; poi, quando ha cominciato a fare un po’ troppo successo, l’hanno massacrata. Le hanno detto di tutto: lagnosa, cicciona, ripetitiva, prodotto commerciale. Tutte parole inutili. Il nuovo album di Adele è un ottimo disco, senza se, senza ma. È vero, 25 non è all’altezza di 21, ma lei ha rispettato se stessa, lo stile che la contraddistingue, ed ha saputo anche sperimentare.
25 è il disco delle contrapposizioni: ci sono brani tipici per Adele, che rassicurano i fan affezionati; ed altri inaspettati, che vanno capiti dedicandoci un po’ di tempo. Ci sono canzoni con arrangiamenti forti e ricercati, ed altre in cui si apprezza solo un semplice pianoforte. Possiamo dire quello che volete sulla sua voce, sulla tecnica, sui temi delle sue canzoni, ma in un momento storico musicale in cui i produttori si sfidano a chi crea l’arrangiamento più pieno, maestoso, potente, Adele è una delle pochissime artiste in grado di scalare le classifiche mondiali con un pezzo piano/voce. Perché alla fine dei giochi è la melodia che fa la canzone. Per quante hit del momento, private del loro arrangiamento figo, potreste dire lo stesso?
L’album è confezionato benissimo: in copertina il viso dell’artista e nient’altro, perché il messaggio è chiaro: sono io, chi altro? È superfluo perfino scrivere il nome. Solo 11 canzoni, per avere un’identità definita, e perché meglio poco ma buono, che tanto messo a caso. E sebbene il giochetto di intitolare l’album con l’età dell’artista abbia iniziato a stufare, in fondo è quello che tutti si aspettavano… e cosa c’è di sbagliato nel dare alle persone quello che si aspettano? Tanto questo non è di certo uno degli album più importanti della carriera di Adele, e questo lei lo sa bene. Io credo, piuttosto, che sia un album transitorio, di passaggio: un trampolino prima di una svolta, uno stacco netto che al prossimo disco le farà fare ancora una volta un salto in alto.
Brani migliori: I miss you, Love in the dark, All I ask.